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Confessioni, di quelle che non vuoi raccontare nemmeno a te stess*
È la quarta volta che provo a scrivere questo articolo ma dopo qualche riga premo il tasto cancella e chiudo tutto. Quanto sarebbe bello avere il tasto CANC anche nella vita reale?
A dicembre 2021 ho messo un box domande sulla mia pagina IG chiedendo alle persone cosa avrebbero voluto leggere su questo blog. L’ho fatto pensando che gli articoli più richiesti sarebbero stati su dove mangiare qui, cosa vedere là, come organizzare una vacanza.
Colpo di scena: come hai fatto a ricominciare? Ho riletto quella frase diverse volte, come se non ricordassi nemmeno più il significato di quella parola. Volete sapere il mio primo pensiero?
E lo chiedete a me?
Il 4 Ottobre 2020 ho preso un aereo direzione Bergamo. L’idea era quella di tornare un po’ a casa, per casa stavolta intendo Verona, vedere un paio di amici, salutare mamma, fratello, zii, cugini, mangiare una pizza improvvisata non prevista e tornare a Lisbona.
Nel frattempo accade la vita e cioè tutto quello che ci è tornato addosso in questi anni.
Che poi tornare non è nemmeno il verbo giusto, diciamo solo che nel mio caso mentre cercavo di capire come mettere a posto la mia vita le cose hanno preso una piega diversa.
É passato un anno e mezzo da quando ho scritto le quattro righe che leggete qui sopra, lo avevo raccontato in una newsletter in cui cercavo di giustificare a me stessa le scelte che avevo fatto.
È una cosa che faccio, no anzi facevo spesso, quella di cercare sempre una giustificazione.
Lo faccio più per me stessa che per spiegarlo a qualcun altro, lo faccio perché non sempre uso la testa (la logica? ), vado anche tanto a sentimento e così è successo nel 2020.
R a l l e n t a r e
Negli ultimi anni non ho fatto altro che correre, cercare la mia strada mentre pensavo a chi volevo diventare; va bene, ma forse ogni tanto va bene anche fermarsi.
Abbiamo tutti questa convinzione che se rallentiamo un po’ non riusciremo poi a recuperare.
Guardiamo la vita degli altri che scorre e ci sentiamo immobilizzati, come se fossimo in una caverna senza uscita.
Scrivere queste righe e andare avanti con questo racconto mi fa venire in mente i tremila stati d’animo diversi che cambio ogni giorno, alterno momenti in cui mi sento terribilmente in colpa per aver mollato amici/Lisbona/una vita, ma anche contenta su quello che è successo poi.
Quello che è successo poi
Ci pensavo ieri sera, proprio 12 ore prima di scrivere queste righe. Mi sembra che tutti stiano andando avanti mentre io resto ferma in quella caverna.
Solo che non è cosi, e ci scommetto per ognuno di voi che leggendo quella frase ha pensato cavolo sta parlando di me.
Non lo vediamo, ci siamo dentro, ma ehi se siete arrivati fin qui avete letto tutto il resto giusto?
E vi sembra poco? Lo dico a voi ma lo sto dicendo a me.
Quella lista può essere riempita di ora in ora, se iniziamo a mettere per iscritto tutto quello che abbiamo fatto giorno per giorno, anche in quelli passati sul divano a piangere.
Allora si forse ci siamo arrivati. Forse ricominciare significa tutto questo.
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